martedì 28 giugno 2011

L' ATTIMO FUGGENTE..carpe diem










L’ATTIMO FUGGENTE
Analisi del film
La funzione della poesia e la figura del professore

















                                                                                                        Cambiganu francesca 5E




Scheda del film
v Titolo originale: Dead Poets Society
v Paese: USA
v Anno: 1989
v Durata: 129 minuti
v Genere: drammatico
v Regia: Peter Weir
v Sceneggiatura: Tom Schulman

Personaggi e interpreti                
v Robin Williams: John Keating
v Robert Sean Leonard: Neil Perry
v Ethan Hawke: Todd Anderson
v Josh Charles: Knox Overstreet
v Gale Hansen: Charlie Dalton
v Norman Lloyd: Prof. Nolan
v Kurtwood Smith: Mr. Perry

Premi e nominations
Oscar vinti
v Premio oscar alla miglior sceneggiatura(Tom Schulman)

Nominations
v Premio oscar al miglior attore(Robin Williams)
v Premio oscar al miglior regista(Peter Weir)
v Premio oscar al miglior film





Trama dell’opera
La vicenda è ambientata nel 1959, in un raffinato college americano frequentato da giovani appartenenti a un elevato ambiente sociale i cui tradizionali valori sono riassunti nel motto della scuola <<tradizione, onore, disciplina, eccellenza >>. In questa atmosfera porta una ventata di novità il docente di letteratura inglese, John Keating, ex allievo dello stesso istituto, che, con i suoi metodi anticonformisti, riesce a inculcare nei giovani un profondo amore per la poesia, facendone emergere il valore liberatorio. I ragazzi, dopo aver scoperto che il professore negli anni trascorsi al college come allievo aveva fondato la “setta dei poeti estinti”, decidono di ricrearla e si riuniscono di notte nella Grotta Indiana per leggere poesia e confidarsi le proprie esperienze. Uno di loro, Neal Perry, ha così modo di scoprire la sua inclinazione per il teatro che vuole mettere alla prova nella recita scolastica di fine anno. Si scontra però con la ferrea opposizione del padre, al quale, nonostante il consiglio del professor Keating, non ha il coraggio di dichiarare le proprie scelte. Neppure il grande successo di Neal nella recita ammorbidisce la posizione del signor Perry, che decide di trasferirlo in un’Accademia militare. Incapace ancora una volta di opporsi, il giovane si uccide. La responsabilità del tragico episodio viene attribuita dal preside e dai genitori di Neal ai metodi anticonformisti del professor Keating, il quale viene espulso dalla scuola. I suoi alunni, che dapprima, cedendo all’imposizione, avevano firmato una dichiarazione che lo accusava, al momento di vederlo andar via, salgono a uno a uno sui banchi e lo salutano con l’emblematico verso di Walt Whitman, a lui molto caro <<O capitano mio capitano>>, ripetendo il gesto con il quale Keating aveva voluto dimostrare loro che si può guardare la realtà da diverse prospettive.

I temi
Due sono le tematiche principali che si intrecciano nell’opera.
La prima è il conflitto fra due diversi sistemi educativi: l’uno, fondato sull’autoritarismo, è incarnato dal padre di Neal e dal preside del Welton College il cui fine è quello di preparare gli allievi all’università e di farne cittadini modello, disciplinati e conformisti; l’altro fondato sul rispetto dell’individualità di ciascuno, è rappresentato dal professor Keating, il quale si propone di insegnare ai ragazzi a “pensare con la propria testa”, a scoprire e realizzare le proprie potenzialità.
La seconda tematica, alquanto inusuale in una pellicola cinematografica, investe la funzione della poesia e il modo di accostarsi ad essa. Anche qui si scontrano due atteggiamenti opposti: l’accademismo di una critica tradizionalista attenta esclusivamente agli aspetti tecnici del testo che finisce per essere addirittura valutato sulla base di una formula matematica, e la posizione libera di Keating il quale non solo riesce a far comprendere ai suoi alunni il valore e la bellezza della poesia, ma se ne serve per far acquisire loro autonomia critica, consapevolezza di sé e delle proprie aspirazioni, coraggio nel sostenere le proprie idee.

v Che cos’è la poesia?

 “Comprendere la poesia di Johnathan Evans Prichard, Professore emerito. Per comprendere appieno la poesia, dobbiamo, innanzitutto, conoscere la metrica, la rima e le figure retoriche e, poi porci due domande: uno con quanta efficacia sia stato il fine poetico e due, quanto sia importante tale fine. La prima domanda valuta la forma di una poesia, la seconda ne valuta l’importanza. Una volta risposto a queste domande, determinare la grandezza di una poesia, diventa una questione relativamente semplice. Se segniamo la perfezione di una poesia sull’asse orizzontale di un grafico e la sua importanza su quello verticale, sarà sufficiente calcolare l’area totale della poesia per misurarne la grandezza.”
Keating: “Escrementi! Ecco cosa penso delle teorie di J. Evans Prichard. Non stiamo parlando di tubi, stiamo parlando di poesia, ma si può giudicare la poesia facendo la hit parade!”
                                                                                                                                        (cit. film L’attimo fuggente)

Il professor Keating, si distacca in modo netto dall’ accademismo ed il tradizionalismo tipici del college americano e, compiendo una netta inversione di rotta, propone ai suoi scolari un nuovo approccio ed una nuova interpretazione dell’ universo letterario, in particolare per ciò che concerne la poesia. Egli invita i propri studenti a guardare il mondo in modo assolutamente svincolato dai canoni vigenti imposti in un ambiente ortodosso e tradizionalista come il Welton College, spronandoli ad aprirsi a nuovi orizzonti e prospettive dando spazio alle proprie emozioni, passioni e alla propria fantasia.

“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”
                                                                                                                 (prof. .Keating cit. film l’attimo fuggente)



Egli propone un’ analisi della poesia non basata sulla pura metrica e la retorica, e quindi su criteri puramente razionalistici, bensì sull’ importanza dei sentimenti e dell’ immaginazione, ponendo maggiore attenzione sull’ interpretazione soggettiva del testo poetico. La poesia è quindi espressione dell’ animo e celebrazione della libertà della natura e dell’ esperienza individuale.

“Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.”
(prof. Keating cit. film l’ attimo fuggente)

Questo forte contrasto fra tradizionalismo (incarnato dalla figura del preside) e l’anticonformismo e la ricerca di una dimensione del tutto originale nell’approccio alla natura ed all’arte, richiama in modo evidente il contrasto fra la concezione del mondo legata agli ideali illuministici e neoclassici e quelli tipicamente romantici.
Il preside ed il corpo docente del college (così come nell’ introduzione del testo di letteratura inglese “Comprendere la poesia” ) rappresentano con la loro severità, i loro metodi ed il loro approccio all’insegnamento gli ideali tipicamente illuministi caratterizzati dall’importanza data alla ragione e all’ordine (nella poesia ciò si riflette nell’impiego di un linguaggio sofisticato che dia particolare enfasi alla perfezione formale) e dal controllo delle emozioni e dell’immaginazione subordinate ad un pensiero e un discorso del tutto razionalistico. La stessa poesia è vista come l’espressione di un determinato ordine sociale ove l’individuo viene subordinato alla società stessa.
Contrariamente il professor Keating, con i suoi metodi di insegnamento incarna pienamente gli ideali tipicamente romantici ponendo l’accento sull’importanza delle passioni e della fantasia slegate da ogni tipo di convenzione, e quindi nella totale libertà espressiva.

Il Romanticismo infatti nasce in opposizione ai motivi più astratti dell’ideologia illuministica, della quale, però, conserva e approfondisce quelli più validi. L’Illuminismo aveva esaltato la ragione come facoltà sovrana, cui tutte le altre dovevano essere rigorosamente subordinate. Il romanticismo pur accogliendo l’esaltazione illuministica della libera ragione umana, rivendica il valore del sentimento e della fantasia. Nasce così un concetto più organico della vita dello spirito, fondata sulla libera associazione di tutte le sue facoltà, una delle quali, anzi, il sentimento, non è più sentita come inferiore, ma come il mezzo che ci pone in contatto più immediato con l’Assoluto, cioè con l’intima realtà della vita universale, con ciò che i Romantici chiamano l’infinito. Questo concetto è stato ben analizzato in Italia dal Leopardi;

L’INFINITO

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
                
L’esaltazione romantica del sentimento significa, in primo luogo, esaltazione della libera individualità creatrice dell’uomo. A differenza della ragione, che lo accomuna agli altri, il sentimento lo distingue come essere unico e irripetibile, legato alla natura, alla tradizione, alla storia, ma da esse emergente con una propria libertà spirituale, una propria tensione verso l’infinito e una propria originalità che se, a volte, lo pongono in contrasto drammatico con la società, rappresentano tuttavia la sua dignità autentica e la sua ragione d’essere vera. Questo culto dell’originalità, intimamente congiunto alla "religione" della libertà, che, sola, consente all’io di consistere nella sua pienezza e di dire la sua parola insostituibile nella storia, ispira negli animi un’ansia di vita eroica. L’individuo romantico ci appare, a volte, immerso in una tragica solitudine, anelante a infrangere ogni barriera, nella ricerca d’una impossibile comunione con l’infinito; a volte, anelante ad essere espressione esemplare dell’anima d’un popolo, ad affermarne i supremi ideali fino al totale sacrificio di sé.
Per i romantici la natura è il luogo in cui l'anima può dare sfogo alla propria malinconia e i fenomeni più interessanti sono proprio quelli che esulano dalla norma, mettendo l'individuo in contatto con una dimensione superiore, che non può essere percepita con l'aiuto della ragione ma solo abbandonandosi ai sensi e alla fantasia. Il "bello" coincide allora col "sublime", sia esso un paesaggio sconvolto dalla furia degli elementi o l'uomo perseguitato da una sorte ineluttabile (come nel caso di Ulisse "bello di fama e di sventura" nel sonetto A Zacinto di Foscolo).
A ZACINTO
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Il Romanticismo concepì la poesia come una delle più alte (per numerosi scrittori, la più alta) espressioni della vita dello spirito. Canone fondamentale dell’estetica romantica è che la poesia è libera espressione del sentimento individuale. Furono, per questo, esaltate la sincerità e la spontaneità creativa del genio, fuori d’ogni modello e d’ogni regola prestabilita, la poesia "primitiva" delle nazioni ancora fanciulle e la poesia "popolare", ritenuta erroneamente scevra d’ogni influsso letterario e nata dall’ingenua anima del corpo. Di qui il rifiuto, da parte dei romantici, di tutte le poetiche. Se la vita è continuo divenire, sempre nuovo e imprevedibile, tale doveva essere anche l’arte, espressione del sentimento individuale nel quale la vita si riflette. Bisognava dunque abolire l’imitazione e le regole desunte dai classici. Inoltre la libertà creatrice individuale del genio non poteva tollerare imposizioni, proprio perché la poesia doveva essere verità, cioè slancio verso l’infinito e intuizione sempre nuova e autentica del mistero dell’essere. Questa concezione della poesia fu svolta dai romantici in due sensi. Da un lato portò allo scavo interiore, o al protendersi dell’anima verso il sogno, la fiaba e un vago fantasticare che infrangesse i limiti della realtà contingente; dall’altro condusse alla rappresentazione della realtà oggettiva e delle sue leggi, delle tradizioni e della vita del popolo, di cui il poeta si sentì l’interprete e la coscienza. L’Ottocento fu quindi, contemporaneamente, il secolo della lirica come effusione dell’io soggettivo (Leopardi) e del romanzo realistico (Manzoni); il poeta fu a volte mistico interprete e sacerdote dell’assoluto, a volte il vate e la guida dei popoli, ispiratore e combattente nelle rivoluzioni nazionali.
In ambito artistico la pittura è l'arte figurativa per eccellenza del romanticismo e assume sfaccettature molto diversificate a seconda del territorio in cui si è sviluppato.
v  In Inghilterra si distinsero tre correnti artistiche: la corrente visionaria-onirica, la corrente del sublime e la corrente pittoresca. I massimi esponenti di ciascuna di esse furono rispettivamente William Blake, William Turner e John Constable.
·         Blake dipinse principalmente visioni e sogni, per poi dedicarsi alla rappresentazione di episodi tratti da grandi classici del passato.
Newton(1795)
·         Turner incarnò nei suoi soggetti il sublime delle catastrofi naturali, dando espressione all'ardore e al dinamismo degli incendi ad esempio, secondo una tecnica che focalizzava grazie all'uso di linee circolari-ellissoidali il centro della scena: la spettacolarità della natura coinvolge così lo spettatore che apprezza la scena come se fosse stata sfuocata da una lente opaca.
  
                       Snow storm (1842)                                            rain, steam and speed(1844)
·         Constable si concentrò nella riproduzione realistica dei paesaggi arcadici delle campagne inglesi, cogliendo di volta in volta il cambiamento dei fenomeni atmosferici: intendeva stimolare un sentimento di dolce nostalgia, per mezzo di colori soffusi e di linee morbide e decorative.
                                              
                                   cloud study with birds(1821)                 cottage at East Bergholt (1836)
v  In Germania il più grande esponente della pittura romantica, e più in generale la figura che meglio incarna i canoni dell'arte romantica è Caspar David Friedrich. Il pittore tedesco aveva come soggetti per lo più paesaggi, da leggersi sotto una chiave interpretativa del tutto diversa da quelli che caratterizzavano i dipinti di Constable: la natura viene rappresentata in tutta la sua sconfinatezza, quasi a voler dare espressione al senso d'impotenza dell'uomo, essere finito, di fronte alla natura, manifestazione infinita. Non a caso l'uomo è sempre rappresentato o di spalle o in lontananza tale che non lo si possa mai guardare in faccia. Ruderismo e spiritualità sono due costanti nei quadri di Friedrich: paradigmatica La croce sulla montagna, in cui la luce che si diffonde da dietro il pinnacolo montagnoso può essere assimilata sia ad un'alba quanto alla luce di Dio, che, verosimilmente, quivi coincidono. Nella sua opera più nota, Viandante sul mare di nebbia, l'artista connota i tratti del sublime con incredibile maestria, offrendo un panorama mozzafiato.
          

                           Viandante sul mare di nebbia(1818)           la croce sulla montagna(1807)

v  In Francia si distinsero due sottocorrenti: il romanticismo fiammeggiante e il romanticismo lacrimoso. I massimi esponenti furono rispettivamente: Eugène Delacroix, Jean-Louis-Théodore Géricault.

  • Delacroix pose l'accento sulla questione dell'identità nazionale, cercando di esaltare il valore della nazionalità facendo riferimento ad episodi di cronaca del tempo. Nel celeberrimo dipinto La Libertà che guida il popolo, in un'esplosione di colori, si trova l'incarnazione della Libertà la quale si propone come spinta rivoluzionaria contro l'anacronistico Carlo X di Francia: il disegno ripropone un modello piramidale assimilabile a molte opere di Leonardo da Vinci.

La libertà che guida il popolo

  • Gericault, di formazione neoclassica, abbandona presto i canoni accademici per riproporre anch'egli interessanti soggetti di cronaca, intesi, diversamente da Delacroix, come stimolo di riflessione sulla condizione miserabile comune agli uomini colpiti da una catastrofe: se si pensa a La Zattera della Medusa, in cui ancora una volta ricompare la, in questo caso doppia, struttura piramidale.

La zattera della Medusa
v  Anche in Italia si radicò una corrente del romanticismo, il cosiddetto romanticismo storico, il cui massimo esponente è Francesco Hayez. I dipinti di Hayez tendono a rappresentare soggetti del passato, per lo più medioevale, nel tentativo di ritrarre situazioni assimilabili al suo tempo (esattamente come Alessandro Manzoni conseguì nell'Adelchi). Il suo più noto dipinto, intitolato semplicemente Il bacio, rappresenta un uomo in procinto di fuggire ma capace di dedicare all'amata un bacio appassionato e sincero, identificando quindi il primato del sentimento su qualsiasi altra cosa.

Il bacio
v La figura del professor Keating e il confronto fra i due diversi sistemi educativi

Non li ho fatti marciare per deriderli, li ho fatti marciare per illustrare la questione del conformismo, la difficoltà di mantenere le proprie convinzioni di fronte agli altri, (…)ci teniamo tutti ad essere accettati, ma dovete credere che i vostri pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani e impopolari, anche se il gregge può dire non è beeeeene;(…) voglio che troviate la vostra camminata adesso”.

Keating: “Be Dalton, non partecipa?”.
Dalton: “Esercito il diritto di non camminare”.
Keating: “Grazie mille Dalton, ha afferrato l’idea al volo”.
                                                                                        (dialogo prof Keating e Dalton cit film l’attimo fuggente)

La scena è dominata dalla figura del professor Keating, magistralmente interpretato da Robin Williams, che riassume in se le caratteristiche dell’eroe e dell’antieroe. Infatti il suo antiautoritarismo si accompagna ad una distaccata ironia e a una grande sensibilità ed umanità. Pur rifiutando atteggiamenti di facile protagonismo, egli si configura agli occhi degli allievi come un eroe ribelle capace di spazzare via una cultura ammuffita e di trasmettere atteggiamenti profondamente ed autenticamente anticonformisti. Alla fine Keating sembra assumere il ruolo del vinto, non tanto per la sua espulsione dal college, ma perché essa era stata determinata dall’atteggiamento conformista e vile dei suoi allievi. La scena finale però da la giusta misura di quanto le lezioni del professori abbiamo inciso sulle menti ed il comportamento dei ragazzi. Non per nulla egli aveva detto:

“Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo”.
(prof Keating cit. film l’attimo fuggente)

Contrapposti a Keating sono il preside della scuola e il padre di Neal, guidati da atteggiamenti essenzialmente egoistici e del tutto indifferenti ai bisogni ed ai sentimenti dei giovani di cui dovrebbero essere educatori e guide, spesso ricorrendo, come nel caso delle punizioni inflitte ai ragazzi membri della “dead poets society”, a metodi coercitivi nell’imporre il proprio modello educativo.
Tale contrasto fra diversi metodi educativi e d’insegnamento in generale, si ritrova spesso ripercorrendo la storia dello sviluppo delle istituzioni scolastiche nonché l’evolversi del pensiero filosofico circa la concezione dell’infanzia.
Per ciò che concerne l’aspetto educativo ed i metodi d’insegnamento uno dei primi grandi maestri classici ad affrontare tale tema nelle sue opere fu lo scrittore latino Quintiliano che, per quanto riguarda determinati aspetti contrastò con forza gli usi del tempo, sebbene fosse comunque allineato alla tradizione circa taluni aspetti circa l’educazione del cittadino romano.

L’ educazione a Roma è sempre stata intesa come formazione complessiva della persona e non ha mai disgiunto i saperi pratici dagli aspetti morali. Scopo primario di questo tipo di educazione fu sempre la costituzione del perfectus civis, ossia del cittadino inteso come parte di una sociatà civile. Di conseguenza poiché la cura dello stato è riservata a pochi, l’educazione romana, nei suoi livelli più alti, ha un carattere marcatamente elitario. Ciò permette di spiegare in gran parte i caratteri e i contenuti dell’educazione nel mondo latino, che pose sempre l’accento sulla capacità di utilizzare al maglio la parola, strumento insostituibile di successo pubblico e politico. L’ educazione aveva infatti una finalizzazione pratica concreta: avviare il giovane all’attività forense, punto di partenza per una carriera civile e politica. Non è un caso che  i maggiori pedagogisti latini come Quintiliano abbiano avuto come scopo della loro opera la formazione del perfectus orator, ossia del perfetto uomo politico. Tendenzialmente conservatrice e tradizionalista , educazione romana mostra nei suoi metodi pedagogici una particolare attenzione nel far si che i valori del passato si trasmettano infatti nel tempo. La scuola latina infatti è basata sui metodi che danno grande importanza ai modelli e all’ esempio dei grandi del passato , nonché all’ imitazione e alla memoria.
Il cursus studiorum delle scuole romane era finalizzato ad una piena acquisizione dell’eloquenza , inteso come strumento fondamentale della vita politica poiché dedita all’ educazione delle élite dirigenti. Ciò spiega la tendenza a trascurare alcune discipline quali l’educazione fisica o la musica, per non parlare della matematica e delle scienze, sempre poco considerate nel mondo romano.
Nella concretezza della prassi didattica l’insegnamento si svolgeva in genere in modi estremamente passivi e ripetitivi, estremamente lontani dalle moderne teorie pedagogiche. L’alunno ben lungi dall’ essere posto al centro del processo educativo come suo soggetto attivo, era in genere chiamato a sottoporsi a un insegnamento i cui principi fondamentali erano costituiti dall’ estrema gradualità e da una lentezza esasperante nell’ apprendimento. Anche Quintiliano, che pure per molti aspetti pedagogici si pone all’ avanguardia rispetto alla prassi consueta, raccomanda in più punti della sua opera di rifuggire dalla fretta nell’ insegnamento e di rispettare il principio dell’ apprendimento progressivo.
Accanto alla gradualità, altri due elementi fondamentali del metodo educativo antico sottolineati anche da Quintiliano erano la memoria e il principio d’ imitazione. Per quanto concerne il primo aspetto, tutti i testi su cui gli studenti si esercitavano o che essi stessi componevano venivano da loro memorizzati. La memoria appare infatti fondamentale sia per la formazione di una cultura personale in un epoca in cui i testi scritti avevano ancora una circolazione relativamente limitata, sia per esercitarsi nella pratica forense, che richiedeva la capacità di parlare di fronte a un uditorio seguendo uno schema prefissato, ma certo senza leggere un testo scritto. La memoria è poi anche legata all’ importanza dell’ imitazione, in quanto favorisce interiorizzazione di un patrimonio culturale tradizionale sulla base del quale costruire la propria personale originalità.
In genere la spiegazione era estremamente pedantesca ed erudita. Ogni ragazzo rileggeva poi il testo, lo imparava a memoria e lo declamava.
La scuola romana ricorreva infine spesso e volentieri a metodi coercitivi, a punizioni e castighi che avrebbero dovuto spronare gli studenti svogliati, ma che spesso finivano per umiliare gli studenti meno pronti, inducendoli talora, come osserva Quintiliano, a sviluppare un vero e proprio rifiuto verso lo studio. Molto frequente era l’uso di una sorta di frustino detto ferula che non di rado si abbatteva sui malcapitati studenti. In realtà con il tempo i metodi di insegnamento subirono un addolcimento progressivo , e gli incentivi sostituirono le punizioni corporali, decisamente disapprovate da Quintiliano, che insisterà sul concetto di scuola come gioco, e dimostrerà verso i propri studenti un atteggiamento di costante rispetto.
Quintiliano, da uomo che ha praticato l’insegnamento per tutta la vita , si preoccupa delle reazioni e delle capacità di ricezione del discepolo, dosando le nozioni e concedendo momenti di pausa e ricreazione. Pensa inoltre che debbano essere evitate le percosse così usuali nella scuola antica, ma ancora in uso nel secolo scorso, come nel caso del Welton college descritto nella pellicola di Peter Weir.
Domina inoltre nei confronti degli allievi un ottimismo di fondo: è intrinseca alla professione di insegnante la fiducia nella capacità di apprendere degli allievi  e considera gli indociles, ossia coloro che non possono essere educati una estrema rarità. Per lui è molto importante che il rapporto fra docente e allievo sia improntato all’ affetto, al rispetto, alla stima reciproca, come avviene in una relazione tra padre e figlio con dei vantaggi per tutto l’ insieme del rapporto educativo. Il maestro ideale deve quindi rappresentare un modello umano, una figura paterna e ricca di simpatia, che lo studente possa ammirare e del quale possa imitare poi le doti di equilibrio e gravità. Egli non vuole quindi un insegnante serioso, ma un insegnante giusto, che intervenga a correggere quando è necessario, che sia equo nelle valutazioni, che non dimostri accanimento ne eccessiva disponibilità all’elogio.
Questo dimostra quanto siano estremamente attuali le tesi dell’autore latino che già proponeva delle alternative assolutamente moderne ai metodi utilizzati dalla scuola romana e che sotto diversi aspetti sono riscontrabili nella descrizione dell’atmosfera che si respira e nel corpo docenti del Welton college. Lo stesso professor Keating incarna invece diversi dei tratti dell’insegnante ideale delineati da Quintiliano, riscontrabili nel rapporto di estrema fiducia ed ammirazione che i suoi allievi nutrono nei suoi confronti al punto di ridare vita alla “dead poets society” di cui egli aveva fatto parte in età adolescenziale, e come era riuscito ad appassionare i suoi scolari alla letteratura ed alla poesia.

Per ciò che concerne invece la concezione dell’infanzia il professore invita i propri studenti ad aprire la propria mente ed uscire fuori dagli schemi imposti dal mondo degli adulti nella ricerca di una propria dimensione del tutto personale e quindi unica.

Molti uomini hanno vita di quieta disperazione: non vi rassegnate a questo, ribellatevi, non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno. Osate cambiare, cercate nuove strade”.
(prof Keating cit. film l’attimo fuggente)

Tale tema viene introdotto agli albori del romanticismo da Rousseau che concepisce l’infanzia come delle più privilegiate fasi della vita poiché i bambini hanno accesso al mondo naturale in un modo che gli adulti non sono in grado di cogliere. Il filosofo da quindi enorme rilevanza alla libertà di espressione ed apprendimento degli infanti, dando così il via, in particolare nel corso dell’età vittoriana all’ idea che tale fase dovesse essere assolutamente tutelata e che i bambini dovessero fare affidamento negli adulti e godere della condizione di innocenza e felicità tipiche dell’infanzia che andava scomparendo nella società industrializzata inglese
.
For half a century  or more Locke’s book reigned supreme, in Europe and North America, as well as in Britain. The eventual challenge to it came from Rousseau. For Rousseau, the problem with Locke lay in his obsession with adult to be, rather than with the child. Rousseau was perhaps the first thinker to be truly child-centred. Don’t reason with children, he wrote.  Let them learn from things, from nature not from teachers . Rousseau laid the ground for the romantic poets in the late eighteenth and early nineteenth centuries. It was only a small step from arguing that a child should learn from nature to suggest that a child might have access to the natural world in a way denied to world-weary adults.
Childhood for the first time became the most privileged, perhaps the most enviable, phase of life. William Wordsworth imagined children descending from heaven trailing the clouds of glory. So great was Wordsworth’s influence-perhaps as great as Sigmund Freud’s one in twentieth century- that Christians begin to abandon their belief in original sin and to revel in Wordsworth’s imagery.
Children , some people started to think, were not only innocent, but could have much to teach adults about truth and beauty. As Charles Dickens was to reiterate, if you let the child in you die, you were in effect dead, like Scrooge in a Chrismas Carol.
VICTORIANS
Some Victorian children were allowed to live out of the dream of romantic childhood. But for all too many, conditions of life in industrialising and urbanising Britain made it seem to observers that they were children without childhood, condemned to long hours of work and far from the nature that the romantics so prized. Victorian reformers set themselves the task of restoring childhood to this children who were missing out on it. Children , it came to be thought, should be protected from the adult world of work and responsibility. They should be dependent on adults, and their time divided between home and school. And ideally they should be happy, a state of happiness coming to be particularly associated with childhood. Childhood was idealized as a garden, protected by walls and hedges, where nature flourished at its perfect best. In practice, not many parents attained to, or even desired, this kind of childhood for their children.

Tale concezione dell’infanzia come una fase spensierata della propria esistenza ove la fantasia il sogno e l’immaginazione sono poste al centro dell’attenzione viene ripresa non solo da Leopardi, che durante la fase del pessimismo storico riteneva che l’intimo rapporto che si era instaurato fra la natura e gli antichi andasse scemando a causa della civilizzazione e della corruzione e fosse presente esclusivamente nei fanciulli cui le impressioni della natura suscitavano ancora le stesse emozioni del passato, ma anche da Pascoli, nella poetica del fanciullino. In tale saggio infatti l’autore sostiene che in ogni uomo continua a vivere un fanciullino, in grado di vedere tutto con meraviglia, come se fosse la prima volta, riuscendo a cogliere nessi la dove altri non ne vedono, servendosi di procedimenti conoscitivi diversi dal semplice raziocinio. Tale conoscenza è alogica ed intuitiva, capace di rapide folgorazioni che svelano l’essenza della realtà con la forza dell’evidenza e con una capacità comunicativa ed espressiva fuori dal comune.

Anche nel film emerge questa formidabile creatività e fantasia da parte dei ragazzi che il professor Keating cerca di stimolare continuamente, chiedendo loro di comporre poesia e, di fronte all’ imbarazzo di uno di essi, Todd Anderson, lo invita a chiudere gli occhi ed intuitivamente, a partire da un vecchio ritratto di Walt Whitman, a esporre tutte le sensazioni che tale immagine gli suscita, riuscendo ad ottenere un risultato straordinario vista la grande timidezza del ragazzo, lasciando l’intera classe a bocca aperta e dimostrando le grandi potenzialità espressive che ognuno di loro inconsciamente possedeva.

Todd: “La verità è una coperta che ti lascia scoperti i piedi”(risate)
Keating: “No, non ci faccia caso, continui con la coperta, mi parli della coperta”.
Todd: “Tu la spingi, la tiri e lei non basta mai, anche se ti dibatti, non riesci a coprirti tutto...”
Keating: “Non ti fermare.”
Todd: “Dal momento in cui nasci piangendo al momento in cui esci morendo, ti copre solo la faccia e tu piangi e gridi e gemi.”
(le risate si spengono)


v Capitano, o mio capitano!
"O Capitano, mio capitano!" Chi conosce questi versi? Non lo sapete? È una Poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincoln. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po' più audaci, "O Capitano, mio Capitano".
(prof Keating cit. film l’attimo fuggente)

O Captain my Captain! our fearful trip is done,
The ship has weathered every rack, the prize we sought is won,
The port is near, the bells I hear, the people all exulting,
While follow eyes the steady keel, the vessel grim and daring;
But O heart! heart! heart!
O the bleeding drops of red,
Where on the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.

O Captain! my Captain! rise up and hear the bells;
Rise up--for you the flag is flung for you the bugle trills,
For you bouquets and ribboned wreaths for you the shores a-crowding,
For you they call, the swaying mass, their eager faces turning;
Here Captain! dear father!
This arm beneath your head!
It is some dream that on the deck,
You've fallen cold and dead.

My Captain does not answer, his lips are pale and still;
My father does not feel my arm, he has no pulse nor will;
The ship is anchored safe and sound, its voyage closed and done;
From fearful trip the victor ship comes in with object won;
Exult O shores, and ring O bells!
But I, with mournful tread,
Walk the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.     
                                               (Walt Whitman, Leaves of Grass)

Walt Whitman wrote the poem after Abraham Lincoln's assassination. Repeated metaphorical reference is made to this issue throughout the verse. The "ship" spoken of is intended to represent the United States of America, while its "fearful trip" recalls the troubles of the American Civil War. The "Captain" is Lincoln himself.
The 1989 film Dead Poets Society also makes repeated references to the poem, especially when English teacher John Keating tells his students that they may call him "O Captain! My Captain!" if they feel daring. At the end of the film, the students show their support to the recently-dismissed Keating in defiance against the school's headmaster, by calling the phrase in the classroom.


v carpe diem
Keating: "Cogli l'attimo, cogli la rosa quand'è il momento, che il tempo lo sai che vola e lo stesso fiore che oggi sboccia domani appassirà.... Perchè il poeta usa questi versi?”
Dalton: “perché va di fretta!”
Keating: “No! [finge di premere un pulsante] Ding! Grazie per aver partecipato al nostro gioco. Perché siamo cibo per i vermi, ragazzi. Adesso avvicinatevi tutti, e guardate questi visi del passato. Li avrete visti mille volte, ma non credo che li abbiate mai guardati. Non sono molto diversi da voi, vero? Stesso taglio di capelli, pieni di ormoni, come voi, invincibili, come vi sentite voi. Il mondo è la loro ostrica, pensano di essere destinati a grandi cose, come molti di voi, i loro occhi sono pieni di speranza, proprio come i vostri. Avranno atteso finche non è stato troppo tardi per realizzare almeno un briciolo del loro potenziale? Perché vedete, questi ragazzi ora, sono concime per i fiori. Ma se ascoltate con attenzione, li sentirete bisbigliare il loro monito:carpe diem… cogliete l'attimo, ragazzi… rendete straordinaria la vostra vita…”
(prof Keating cit. film l’attimo fuggente)

Il tema del carpe diem viene riproposto nel film ed esemplificato dal comportamento di Neil Perry che, senza lasciarsi condizionare dai timori di un prevedibile rimprovero del padre, ha seguito il suo sogno di recitare nell'unica occasione che gli si è presentata. In modo analogo, ma con conseguenze più positive, aderisce al messaggio oraziano l'amico Knox Overstreet quando bacia la ragazza della quale è innamorato.

Dum loquimur fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
                                                            (Orazio cit. Odi)

La filosofia oraziana del carpe diem si fonda sulla considerazione che all'uomo non è dato di conoscere il futuro, né tantomeno di determinarlo. Solo sul presente l'uomo può intervenire e solo sul presente, quindi, devono concentrarsi le sue azioni, che, in ogni sua manifestazione, deve sempre cercare di cogliere le occasioni, le opportunità, le gioie che si presentano oggi, senza alcun condizionamento derivante da ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro.
Si tratta di una filosofia che pone in primo piano la libertà dell'uomo nel gestire la propria vita e invita a essere responsabili del proprio tempo, perché, come dice il Poeta stesso nel verso precedente, "Dum loquimur, fugerit invida aetas" ("Mentre parliamo, il tempo invidioso sarà già passato"). Nel binomio s'intrecciano due concetti profondi, la qualità (carpe) e la temporalità (diem) del vivere. A confermare la natura serena del godimento oraziano, il verbo carpere, che denota un gusto leggero, un piacere centellinato e fine, fatto di goduriosa eleganza e sottile diletto catartico. Il giorno invece, il termine diem, sottolinea la limitatezza, la precarietà dell'esistenza, che può essere bruscamente interrotta da qualsiasi accidente e che perciò dev'essere vissuta con l'intensità che la consapevolezza della sublimità del mondo dona.
Ma anche guardare al semplice godimento di un piacere, pur se responsabilizzato, è mortificante del profondo senso della locuzione. Orazio volle infondere una serena dignità all'uomo che dia valore alla propria esistenza sfidando l'usura del tempo e il suo status effimero. Lungi quindi dall'essere un crasso e materialista invito al bere, od anche un piacere senza turbamento, carpe diem esprime l'angosciosa imprevedibilità del futuro, la gioia dignitosa della vita e il coraggio della morte; l'espressione di un valore che spesso nelle odi oraziane si confonde con l'ammirata esplorazione lirica del paesaggio, talvolta meraviglioso e sublime, talvolta a tinte cupe e fosche: riflesso perenne di un'esistenza complessa, di un reticolo fittissimo di esperienze ed emozioni che è lecito vivere intensamente prima della morte.

È proprio questo aspetto che riprende nel suo libro “inguaribile vagabondo” Angelo Carboni che, nell’ ultima pagina del suo libro scrive:
“Ho vissuto per cinquant’anni di corsa, mi sentivo padrone del mondo e della vita; momenti di felicità si succedevano a periodi bui e anche se li rivivo con rimpianto e nostalgia mi rendo conto che l’intensità e la frenesia non sempre mi hanno permesso di coglierne l’essenza. Ho avuto tanto ma spesso lo davo per scontato, le piccole cose scomparivano di fronte ai grandi progetti. Ho vissuto intensamente il rapporto con mia moglie e la gioia dei figli, senza riuscire a cogliere mai appieno la gratuità di questi sentimenti. Ho anche viaggiato molto; guardavo ma non vedevo lo spirito dei posti visitati”.

Il libro, narrante le vicissitudini ed il percorso di vita di Angelo a partire dalla sua gioventù, passando per la costruzione della famiglia fino al manifestarsi della malattia ed alle sue riflessioni contiene inoltri diversi scritti in lingua sarda, materia cui egli è sempre stato particolarmente affezionato:










“Sas lagrimas abban su coro
e siccan sas intragnas”
                                                                      
‘Alu gito in ojos e in su coro                  
Una ijone bella e chin decoro                                                                
chi tue m’ as sighidu a raforzare              
paritzas siguresas de abbare                               
                                                                                                                                                            
cherzo gigher abba a s’ onore                                               
e a sa dignidade ‘e su dolore,                                                
de cussu chi pessamus solu male                         
chi abias est de sa vida trigu e sale.           

E si l’ idimus dae su essu ‘onu               
fina Babbu Mannu dat perdonu,                          
dae s’orgogliu malu abia leados
bi pessat isse a nois malefadados.

Tue anghelu de numen e de fadu             
ses forte chei sas rocas de Cugadu,           
meda forte, chi pares prepotente                                                                                                  
e rendes su dolore cummovente;              

leas su coro de chie est presente              
a totu leas logu in sa mente,                   
no lassas trimbu ‘e triste piedade              
tue ses solu vida e dignidade;                 

tue ses in sa note cuss’ istella                 
chi rendet s’aurora pius bella,                  
chi giunghende sa note chin sa die
dat a totu ispera e paghe a mie.

“Le lacrime bagnano il cuore e inaridiscono le viscere”

Ancora ho negli occhi e nel cuore
Una bella visione, piena di dignità,
che tu hai contribuito a rafforzare,
alcune certezze da innaffiare.

Voglio portare acqua all’onore
E alla dignità del dolore,
di ciò che riteniamo solo male,
che a volte  della vita è grano e sale.

Se lo guardiamo da un’ ottica giusta,
anche il Padre Grande lo perdona,
a volte presi dal cattivo orgoglio
a noi sventurati ci pensa Lui.

Tu Angelo di nome e di fatto
Sei forte come le rocce di Cugadu
Così forte da sembrare prepotente
Che rendi il dolore commovente.

Prendi il cuore di chi è presente,
in tutti occupi uno spazio nella mente,
non lasci segno di triste pietà
perché sei solo vita e dignità.

Sei nella notte quella stella
Che rende l’aurora più bella,
perché unendo la notte con il giorno
dà a tutti speranza e a me pace.



BIBLIOGRAFIA

  • Inguaribile Vagabondo” Angelo Carboni (cit. pag 239 )
  • Nuovo Quattro Colori” scheda filmica “l’Attimo Fuggente” (pag 297-298)
  • “Exempla Humanitatis”(pag 114-122-360-361)